L'opera di Hans Hartung (Leipzig 1904 – Antibes 1989, pittore francese di origine tedesca) attesta il suo impegno per l'astrattismo pittorico sin dal 1922. L'espressività del segno, il gesto libero in quanto elemento costitutivo dell'identità pittorica e di complesse relazioni strutturali tra grafismo nero e spiagge colorate, costituiscono le caratteristiche essenziali della sua arte.
È da autodidatta che egli si avvicina alla pittura, ma un bisogno impellente di conoscenza lo spinge a seguire i corsi delle Accademie delle Belle Arti di Dresda (1925-1926) e di Monaco di Baviera (1928), tralasciando così l'insegnamento del Bauhaus, troppo rigido ai suoi occhi per consentirgli di sviluppare la sua opera in piena libertà.
Numerosi viaggi gli permettono di scoprire la pittura europea di cui apprezza particolarmente l'impressionismo, il fauvisme e il cubismo. Copiare le opere che lo interessano gli sembra il mezzo ideale per assimilarne le ricchezze plastiche. Quando si stabilisce a Parigi nel 1935, incontra per la prima volta degli artisti che, come lui, difendono l'arte astratta (Hélion, Calder, Gonzalez), ciò lo conforta nelle sue ricerche condotte fino ad allora in solitudine. Tuttavia, il distacco assoluto dal soggetto rappresentato dà alle sue opere un'identità che le allontana dalle ricerche estetiche condotte da quegli artisti. La sua volontà di lottare contro il nazismo lo spinge a offrirsi volontario per combattere nella Legione Straniera.
Dopo la seconda guerra mondiale, allorché l'astrattismo diventa motivo di una riconsiderazione estetica, Hartung riscuote una fama internazionale; è riconosciuto come uno dei maestri di una pittura che non concede niente all'astrazione geometrica. La Galleria Lydia Conti, a Parigi, gli dedica una prima mostra personale nel 1947, poi, nel 1948, presenta un insieme di disegni realizzati tra il 1922 e il 1948. Questi due avvenimenti consentono di apprezzare la precursorietà del suo linguaggio plastico rispetto ai dibattiti artistici dell'epoca, e gli conferiscono una posizione affermata. La lotta in difesa dell'astrattismo rimane infatti la prerogativa di una minoranza di artisti e critici. L'artista sviluppa un grafismo in cui la linea si ispessisce considerevolmente fino a diventare luogo di estrema tensione. La sua opera che rivendica l'importanza delle emozioni nell'atto creativo dà all'astrazione una dimensione profondamente umana in cui lo psichismo interviene in un giusto rapporto tra abbandono e padronanza. Diversi musei all'estero gli consacrano una retrospettiva. Così, nel 1957, un'importante mostra itinerante percorre la Germania.
Nel corso degli anni, la sua produzione si amplia: stampe, dipinti, disegni, fotografie. Un desiderio costante di sperimentazione caratterizza la sua pratica artistica, e ciò lo conduce, a partire dagli anni Sessanta, a fare uso di numerosi strumenti (pistole, stiletti, larghe spazzole, rulli) per "operare sulla tela", rinnovando così il suo concetto di arte pittorica.
Si apre anche all'utilizzo di vinilici e acrilici, materiali che consentono una maggiore rapidità di intervento. Questo nuovo metodo di lavoro genererà una produzione in serie che si estende regolarmente sugli ultimi trent'anni. La sua opera si definisce allora con l'affermazione del procedimento quale elemento primo, capace di generare il linguaggio plastico al quale egli è fedele dagli anni venti. Il 1960, anno cardine sotto molti aspetti, è anche quello della sua consacrazione: riceve il Gran Premio Internazionale della Pittura della Biennale di Venezia.
Nel 1973, si stabilisce a Antibes in una tenuta di cui ha progettato la casa e gli studi e che gli consente de sviluppare la sua arte su grandissime tele. L'opera di Hartung, la cui forza di rinnovamento è costante, si iscrive nella storia della modernità per le componenti estetiche che la determinano.
© Fondazione Hans Hartung e Anna-Eva Bergman
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